Suckerfish

Chi non siamo

Non siamo balbuzienti né abbiamo la balbuzie. Questa affermazione può suonare come una provocazione quando invece vuole essere soprattutto uno stimolo per tutti a cambiare linguaggio, modo di vedere (meglio: di vederci) e modo di pensare.

Non siamo balbuzienti?/div>

Wendell Johnson, grande studioso americano nonché uno di noi, diceva: “La balbuzie non è qualcosa che si ha ma qualcosa che si fa”.

Perciò noi siamo persone che in passato balbettavano in misura più o meno severa; oppure siamo persone che nel presente balbettano in forma più o meno severa. E in questo caso non pongono limiti ad ogni futura possibilità di fluenza.

Trattandosi insomma di un disturbo dall’andamento estremamente variabile, anziché il sostantivo BALBUZIE e l’aggettivo/sostantivo BALBUZIENTE preferiamo usare il verbo BALBETTARE o persone che, tra l’altro, BALBETTANO.

Infatti, mentre il “sostantivo” (che viene da “sostanza”) fa riferimento all’essere e all’avere della persona (staticità e rigidità), il “verbo” racconta il divenire personale (dinamismo e cambiamento, nel bene oltre che nel male).

Mentre il sostantivo partorisce giudizi che possono fermare il tempo dell’uomo, il verbo è invece gravido di possibilità che guardano al futuro. Il sostantivo è definitivo, il verbo no.

Dalla bocca di chi balbetta sentiamo venir fuori, con frequenza ed intonazione variabili, espressioni come: “Io sono balbuziente”, “Io ho la balbuzie”, “Io balbetto”.

La prima dice identificazione della persona con il suo problema: è come se l’io, che è in assoluto globalità e totalità, si riducesse ad una sua parte, quasi confondendosi con essa.

La seconda espressione comporta, nell’interessato, da un lato la demonizzazione del problema (impotenza), dall’altro la deresponsabilizzazione di fronte allo stesso (passività).

La terza espressione contiene ben altro dinamismo, come già detto, essendo il verbo coniugabile in tanti tempi ed altri modi.

Qui l’io non subisce il problema né vi si identifica, ma è “il centro di gravità permanente”, come direbbe Franco Battiato, uno di noi. Da questo io-centro nascono il progetto e insieme la spinta all’azione e all’incontro. L’io che sa coniugare i verbi CREARE, AMARE, SOFFRIRE è un io pienamente umano.

Attenzione, dunque, ai sostantivi. Essi tendono a trasformarsi in fantasmi che opprimono e paralizzano, riducendo l’uomo a semplice “personaggio in cerca d’autore”: una maschera, una vittima.

Il verbo, una forza di cambiamento...


Piero D’Erasmo

Consulente e referente scientifico dell’Associazione, Membro dell’International Fluency Association, Direttore del Centro “Punto Parola” – Centro di Prevenzione e Trattamento della Balbuzie – Sito Internet: http://www.balbuzie.biz